Canada, secondo una sentenza l’emoji con il pollice in su vale come firma contrattuale

Clamorosa sentenza in Canada, dove un giudice ha deciso che un emoji con il pollice in su funge da firma contrattuale.

Meglio stare attenti quando si invia un emoji, potrebbe costar caro! È quanto deve aver pensato un agricoltore canadese, che solo per aver inviato un pollice in su in una chat, si ritrova ora a dover pagare migliaia di dollari. Ormai utilizziamo Whatsapp e internet tutti i giorni, anche per svolgere normali mansioni che prima facevamo di persona, come controllare il nostro conto corrente, fare la spesa, o appunto, parlare con amici e conoscenti.

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Emoticons di un pollice in su (Foto da Canva) – Bonus.it

Grazie alla messaggistica istantanea, è molto semplice, ora, tenersi in contatto sia per motivi personali che di lavoro, e ogni giorno riceviamo o inviamo brevi messaggi di testo, file multimediali o foto. È quanto ha fatto un lavoratore del Canada, che per aver usato una semplice emoticons, ora è stato costretto dal giudice di una corte a pagare quanto richiesto dalla controparte.

Una sentenza del Canada ha confermato che una emoji è una firma a tutti gli effetti

È accaduto in Canada, a Saskatchewan, dove un giudice ha imposto a un agricoltore di pagare 61.000 dollari, pari a circa 49.000 euro a un’azienda di cereali, dopo aver stabilito che un’emoji rappresentante un pollice in su, usata in una mail potesse essere considerata come una risposta positiva equivalente a una firma apposta.

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Gruppo di emoticons (Foto da Canva) – Bonus.it

Chris Achter, questo il nome dell’agricoltore, aveva ricevuto una mail con la richiesta da parte di un’azienda per 87 tonnellate di cereali da consegnare entro novembre, con la scritta “Si prega di confermare”. Achter aveva risposto con un’immagine raffigurante un pollice in su. Nel momento in cui l’agricoltore non ha consegnato la merce, la società lo ha denunciato per danni, sostenendo che per loro la sua risposta fosse un assenso.

L’uomo ha sostenuto di aver semplicemente usato l’emoji per indicare di aver ricevuto la mail, ma il giudice, T.J. Keen, ha spiegato che “La Corte riconosce che non è un modo tradizionale di firmare, ma in queste circostanze resta valido”. Chris ha quindi dovuto pagare quanto richiesto.

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