Il famoso gelato Magnum dell’Algida è diventato, suo malgrado, il pesce pilota degli effetti pratici dell’inflazione su prodotti e consumi
Il periodo di crisi economica che stiamo vivendo non sembra essere duro solo per i consumatori. Basta dirigersi ad una pompa di benzina o, più semplicemente al supermercato, per capire l’effettivo stato dell’arte. La nostra società, piaccia o meno, sta ancora pagando un pesantissimo conto economico. Un conto economico salato frutto prima del Covid-19, poi della guerra tra Russia e Ucraina, ed, infine dal vertiginoso aumento dell’inflazione.
Tutti noi, non abbiamo potuto fare altro che rimanere inermi a guardare il mondo attorno a noi cambiare. E non in maniera calma e regolare, niente affatto. Il mondo attorno a noi è cambiato in maniera veloce ed impietosa, portandosi via la poca tranquillità di ognuno noi. Ci siamo adattati a questi tempi di crisi, siamo stati “resilienti”, ma noi cittadini non siamo stati gli unici a doverlo fare. Un esempio pratico arriva dai numeri del carrello della spesa. Numeri a cui vi chiediamo di fare attenzione perché vi saranno molto utili. Prima di tutto, occorre familiarizzare con un termine non italiano, anzi con un concetto, quello della “Shrinkflation”.
Magnum Algida e il concetto di Shrinkflation
Questo nome sta a definire una strategia di vendita che viene adottata dalle aziende in periodi di crisi come quello attuale. Mentre molti decidono di aumentare semplicemente i prezzi, tante altre scelgono di intraprendere una via diversa. Ovvero mantenere sullo scaffale il prezzo che era sempre stato esposto, modificando però un’altra cosa: il peso dell’alimento, diminuendone la quantità.
In parole povere, i consumatori, mettono nel carrello una quantità inferiore di pasta, carne, farina e simili. Ma pagando il prezzo che fino al 2019 era previsto per una quantità maggiore. L’esempio più clamoroso è quello del noto gelato Magnum Algida, ma sono decine le situazioni simili. Le aziende giustificano questa strategia con la scusa della mancanza di materie prime o anche con l’aumento dei costi dei carburanti. E nessuno può purtroppo avere molto da ridire su queste argomentazioni.
Il problema principale è che spesso, queste modifiche nel confezionamento, difficilmente vengono ben dichiarate o anche solo rese visibili alla vista del compratore, che si metterà nel carrello un prodotto diverso da quello della settimana precedente, mantenendo però il prezzo della spesa invariato. Se anche voi siete tra le file dei consumatori che si sentono ingannati da questa pratica, la prossima volta che vi dirigerete al supermercato, fate ben attenzione al prezzo per chilo dichiarato sulla confezione, così da poter rimettere la scelta del prodotto da comprare nelle vostre mani