L’Inps eroga il Bonus dipendenti come prevede la legge in vigore da gennaio ma c’è un’importante modifica dal mese scorso
Con l’aumento dei prezzi è chiaro che è indispensabile aumentare gli stipendi, soprattutto quelli bassi, chi ad esempio percepisce circa 1300 euro netti. Se fino a qualche anno fa questa cifra poteva far vivere bene una persona, senza comunque avere grandi eccessi ma una vita ordinaria, oggi è praticamente impossibile.
Lo abbiamo visto anche con la questione degli incarichi dei docenti al Nord Italia che rifiutano le cattedre perché non ce la farebbero ad affrontare tutte le spese soprattutto per via del caro affitti.
Ciò sta succedendo proprio mentre tiene ancora bando la questione del salario minimo, dal luglio c’è il Bonus lavoratori dipendenti. Si tratta dell’esonero contributivo rafforzato previsto col taglio del cuneo fiscale stabilito dal Decreto Lavoro 2023.
Il bonus era già attivo dal 1 gennaio consistente in un esonero contributivo del 2% per i redditi fino a 35mila euro e del 3% per chi arriva a 25mila. Dal 1 luglio sono cambiate le percentuali, aumentando al 6 e al 7% fino al 31 dicembre 2023.
In pratica il bonus è un taglio alle tasse che ci sono in busta paga e dunque si trasforma in un aumento di stipendio. In sostanza, si tratta di uno sconto sulle trattenute in busta paga che porta a un reale aumento di stipendio.
Nel dettaglio consiste in un riduzione sulla quota dei contributi previdenziali per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti (IVS). Sono pari 6% dei contributi IVS a carico dei lavoratori e del 7% della contribuzione IVS dovuta dal lavoratore purché la retribuzione imponibile ai fini previdenziali non sia oltre l’importo mensile di 1.923 euro.
L’Inps con il messaggio numero 1932 datato 24 maggio 2023 ha spiegato qual è il funzionamento della procedura. Viene applicata dal 1 luglio al 31 dicembre sia per i lavoratori dipendenti pubblici che privati ad esclusione del lavoro domestico. L’importante è che siano rispettati i limiti della retribuzione mensile, ossia retribuzione imponibile ai fini previdenziali pari a 2.692 euro. Sono inclusi anche i contratti di di apprendistato.
Come accennato sono esclusi i rapporti di lavoro domestico. Ma perché? Per questi tipi di contratti la legge prevede già l’applicazione di aliquote previdenziali in misura ridotta rispetto a quella ordinaria.