Il Ponte sullo Stretto tra Messina e Reggio Calabria rappresenta il fiore all’occhiello dei progetti del PNRR. Ma solleva dubbi e critiche
A intervalli ciclici nel dibattito politico economico italiano si torna a parlare del Ponte sullo Stretto tra Messina e Reggio Calabria. Un’opera, mastodontica, sulla quale, negli anni, si sono confrontati e scontrati diversi esponenti politici. La prima ipotesi di lavoro risale addirittura ai primi anni successivi all’Unità d’Italia.
Il primo a parlarne fu l’allora Ministro dei Lavori Pubblici Stefano Jacini a cui negli ultimi trent’anni del XIX Secolo si accodarono altri progettisti. Poi nel 1908 il disastroso terremoto di Messina fece scivolare l’idea Ponte sullo Stretto in un cantuccio. Cantuccio dal quale venne rilanciata nel 1952.
Ponte sullo Stretto, tre motivi per non farlo
Nel 1969 viene addirittura varato un Concorso Internazionale di Idee per la sua progettazione e su quella base alcuni Presidenti del Consiglio, Bettino Craxi, Giulio Andreotti e Silvio Berlusconi su tutti, ripresero e rilanciarono il progetto. Ma mai nessuno ci era arrivato così vicino come l’attuale Vicepremier e Ministro dei Trasporti Matteo Salvini.
È sua, infatti, la più ferrea volontà politica in seno al Governo guidato dal Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, per aprire il cantiere. Basti pensare al varo della Società di scopo e a tutta una serie di interventi amministrativi, dal progetto innestato nel PNRR, al Decreto Omnibus, per dare risorse e fiato alla costruzione dell’Opera. Va detto però, per dovere di cronaca, che ci sono anche tante resistenze e tanti dubbi sul progetto. Resistenze e dubbi che trovano la summa in tre concetti molti netti. Il primo, il Ponte sullo Stretto sarebbe il primo, e forse unico, sospeso sul quale è previsto il transito dei treni.
Il secondo, che nel tratto di mare tra Messina e Villa San Giovanni il centro calabro dove è prevista la posa di un’arcata, ci sono tre vulcani attivi. Il terzo è un parere firmato da ingegneri civili e scienziati legate alle Università di Roma La Sapienza, Politecnico di Milano, Berkeley, Oxford e Sorbona i quali segnalano che i materiali esistenti non sono idonei a sostenere il peso di un treno merci da 1500 tonnellate. Basteranno questi dubbi a fermare un progetto già in corso o saranno solo da stimolo per individuare soluzioni innovative a livello tecnologico e sostenibili a livello ambientale? Ai posteri l’ardua sentenza