Il dollaro viene sempre più usato nelle transazioni internazionali mentre i Paesi del Brics sperano il contrario. A pagare è l’euro
La Brics (l’unione di intenti economica tra Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) diventa sempre più grande. Non solo numericamente con l’allargamento previsto con l’invito formale ad Argentina, Egitto, Etiopia, Iran, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, ma soprattutto per la concorrenza a Usa e Europa che tutti questi Paesi insieme potrebbe diventare. Sotto la “stessa bandiera”, infatti, finirebbe metà della popolazione mondiale.
Una delle ultime sfide lanciate, e forse la più importante, è alla supremazia del dollaro statunitense nei mercati internazionali. Forse un giorno gli storici parleranno del processo di dedollarizzazione che al momento non è completo, anzi. I dati che sono stati forniti dal Society for Worldwide Interbank Financial Telecommunication (Swift) hanno rivelato che ad oggi il ruolo del dollaro nelle transazioni internazionali non sta vivendo una fase di rallentamento ma al contrario si registra un rafforzamento.
Tra il 22 e il 24 agosto a Johannesburg si è tenuto il quindicesimo vertice dei Brics. Oltre alle altre già citate nazioni, sono arrivate anche le domande di adesione da parte di Algeria, Bangladesh, Bahrein, Bielorussia, Bolivia, Venezuela, Vietnam, Honduras, Indonesia, Kazakistan, Cuba, Kuwait, Nigeria, Palestina, Senegal, Thailandia.
Al termine degli ultimi incontri avvenuti con l’aleggiante idea della moneta comune, la situazione è stata ben diversa. Non si è fatto menzione di ciò. I Paesi che aderiscono al patto hanno stabilito di incrementare ulteriormente i rispettivi scambi commerciali adottando le proprie valute.
E la “dedollarizzazione”? È un’idea che resta ma difficilissima da realizzare. Se si può solo concepire ma senza dare atto pratico a una moneta comune, l’idea di utilizzare meno il dollaro negli scambi internazionali a favore del valute dei Paesi emergenti, resta uno degli obiettivi.
Ma se il dollaro continua a godere di buona salute chi ha ricevuto alcuni colpi è l’Euro. Dando un giudizio storico-politico, l’Unione Europea che ha l’ambizione (o almeno aveva all’inizio del processo di integrazione) di diventare come gli Stati Uniti d’America, assomiglia più a quello che fu il Sacro Romano Impero.
L’unione è chiaramente economica e commerciale, poco politica, anche se c’è un Parlamento. Con la situazione che oggi si è venuta a creare l’euro ha visto la sua quota di utilizzo scendere al di sotto del 25%. È la prima volta che succede dal 2012 e considerando che la moneta unica è la massima espressione di questa unione sempre meno omogenea, i colpi ricevuti – se dovessero perdurare – metterebbero in serie difficoltà Bruxelles.