Un freddo messaggio sms, inviato lo scorso 1° agosto sui recapiti dei percettori, ha, di fatto, chiuso la stagione del Reddito di Cittadinanza. Ecco cosa succede nella difficile fase di transizione ai nuovi strumenti
Doveva cambiare il mondo ma il mondo alla fine lo ha cambiato. Parliamo di uno degli strumenti di politica dei redditi più complessi, controversi e dibattuti, il Reddito di Cittadinanza. Familiarmente conosciuto come RDC. Era nato come una intuizione politica per abbassare il livello di povertà presente nel territorio nazionale ma con il tempo è diventato altro.
Partiamo dal fatto che l’RDC è uno strumento diffuso a livello europeo, anzi mondiale, nelle democrazie ad economia avanzata per far fronte alle povertà estreme. L’idea iniziale era quella di importarne il modello ma con il tempo lo strumento si è trasformato prima in bandiera politica, poi in meccanismo di aspro confronto politico ed infine, dopo 4 anni di attività, come cuore del dibattito elettorale.
È proprio sullo strumento di welfare state, infatti, che il confronto tra le forze politiche alle elezioni dello scorso 25 settembre è stato più duro. Soprattutto tra la candidata premier del centrodestra Giorgia Meloni e il suo omologo del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte. Il resto è cronaca. A ottobre Meloni diventa Presidente del Consiglio e uno dei primi atti di politica economica è l’abolizione del Reddito di Cittadinanza.
Reddito che lo scorso 1° agosto è stato liquidato in via definitiva con un sms nel quale l’INPS, Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale avvisava i percettori che le erogazioni erano finite. Ma cosa c’è nel post Reddito di Cittadinanza? L’approdo finale sarà l’Assegno di Inclusione a cui si sommeranno una serie di bonus aggiuntivi come quello carburante e quello alimentare. Nel frattempo, però, ci sono i 5 mesi che separano la fine del Reddito di Cittadinanza dall’entrata in vigore completa dell’Assegno di Inclusione.
Nella transizione gli ex percettori dovrebbero rivolgersi ai Patronati per completare le pratiche di passaggio e soprattutto avviare il percorso di formazione per la collocazione nel mondo del lavoro. Ma i dati in tal senso sono drammatici. Meno del 10% dei vecchi percettori, infatti, si è rivolto ai vari Patronati per sottoscrivere il patto insito nel Supporto Formazione e Lavoro. In alcuni territori meno del 5% con punte negative in Campania dove l’accesso al Patronato è stimato al 2% degli aventi diritto