Dalla crisi del 2011 lo Spread è entrato nel vocabolario economico anche tra la popolazione che meno si interessa alla politica internazionale
Dici spread dici Europa. Nel novembre 2011 questo indicatore per l’Italia era oltre i 500 punti tanto che il governo allora in carica, guidato da Silvio Berlusconi, dovette dimettersi. Per l’ex premier fu l’ultima volta a Palazzo Chigi. La parola spread cominciò a circolare come mai prima di allora. Ne parlavano i media diffusamente e anche l’opinione pubblica, anche se non tutti aveva chiaro cosa significasse.
Sommariamente veniva descritto come la differenza tra il rendimento di un titolo decennale di un determinato Paese (in Italia ovviamente si parlava del nostro) del Bund tedesco che ancora oggi viene preso come punto di riferimento perché considerato il titolo del debito sovrano più sicuro in Europa.
È insomma la differenza tra i tassi sui titoli pubblici dei due paesi presi in esame. Più è grande la differenza dal titolo pubblico tedesco ritenuto pagabile e più è grave la situazione.
La misura avviene in punti base e ogni punto è allo 0,01%. Per fare un esempio concreto, se il Btp italiano a 10 anni italiano rende il 3% e il Bund decennale l’1%, lo Spread sarà pari a 200 punti base: la differenza è del 2%.
Quindi è un tema che interessa solo a chi si occupa di finanza e a chi ha investito in debito pubblico? Non proprio perché c’è anche un effetto nella vita reale di tutti i giorni, anzi, di tutti i mesi, con la rata del mutuo.
L’incremento del differenziale tra BTP e Bund tedeschi decennali si traduce in tassi dei titoli di Stato italiani sempre più alti per il Tesoro e dunque costerà di più prendere soldi in prestito sui mercati. L’Italia quindi dovrà sborsare più soldi per collocare il debito sul mercato poiché il governo dovrà offrire cedole più alte per rendere più appetibili i propri titoli del debito, altrimenti nessuno li comprerebbe.
Ciò fa anche aumentare il deficit dello Stato. Di conseguenza, se il governo italiano paga più interessi rispetto all’esecutivo tedesco, lo faranno anche le aziende italiane rispetto ai concorrenti tedesche che saranno avvantaggiate sulle nostre. Significa molto semplicemente che le imprese italiane finiscono per essere svantaggiate rispetto a quelle tedesche.
Il differenziale tra i rendimenti italiani e tedeschi si sente anche nei mutui. Infatti le banche decidono quali tassi di interesse applicare a un mutuo a tasso variabile in base all’Euribor (il tasso medio a cui avvengono le transazioni finanziarie in euro tra le grandi banche europee) e allo Spread.
L’interesse finale del mutuo calcolato dall’istituto che ha rilasciato il prestito nasce dalla somma dell’Euribor (che cambia tutti i giorni) e lo spread applicato da ogni banca.