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Pensione part-time, prende forma l’ipotesi: di cosa si tratta

Pubblicato da
Giuseppe Formisano

Pensione part-time, il governo guarda al modello dei Paesi scandinavi: come funziona il sistema al Nord Europa

Tutti i governi hanno provato a riformare il sistema pensionistico e lo stesso vuole fare l’attuale, dopo un anno dall’insediamento. L’argomento è sempre delicato, non solo perché bisogna decidere quale sarà la vita di milioni di cittadini al termine della propria carriera ma anche quella di chi spera di ottenerlo un lavoro.

Pensione part-time (foto Canva) – Bonus.it

Tra le preoccupazioni dei giovani c’è infatti proprio questo: non vedranno mai la pensione e dovranno lavorare sempre di più tra lavori part time e male retribuiti, facendo ingrassare datori di lavoro senza scrupoli.

Ma part time potrebbe essere anche il modello di pensione al quale il governo sta pensando, come nei Paesi scandinavi. Secondo il Corriere della Sera, il fine di questo sistema è far uscire in anticipo dal lavoro chi è prossimo alla pensione, lasciando spazio agli under 35.

Pensione part-time anche in Italia? Il funzionamento

Ma come funziona al Nord Europa? In Norvegia e Svezia tale sistema prevede una graduale riduzione dell’orario dai due ai tre anni: per questo motivo prende il nome di part-time. In pratica ci si avvicina alla pensione gradualmente; non si termina di lavorare da un giorno all’altro. In questo modo è anche possibile affiancare i nuovi arrivati.

Inps con la lente d’ingrandimento (foto AdobeStock) – Bonus.it

I dipendenti pubblici svedesi continuano a lavorare almeno il 50% delle ore regolari per ottenere una pensione parziale e si può chiedere di aderire a questo sistema dai 61 anni di età in poi. Così al lavoratore è consentito di chiedere vari livelli di pensione parziale, dal 10 al 50%: ovviamente a cambiare saranno anche gli importi percepiti.

Il governo italiano vorrebbe introdurre la stessa modalità e dividere tra metà stipendio e metà pensione gli introiti del lavoratore. I contribuiti sarebbero versati comunque interamente in modo da arrivare a 67 anni con la pensione piena.

Ciò eliminerebbe i calcoli e le decurtazioni previste da Quota 103 e Opzione donna. Bisognerebbe però verificare come fare per le piccole e medie imprese che hanno maggiori difficoltà per quanto riguarda la flessibilità sul lavoro.

Se il modello scandinavo non potrò essere utilizzato il governo, sempre secondo il Corriere della Sera, manterrebbe il sistema di Quota 103 (forse con qualche modifica) con 41 anni di contribuiti e 62 anni di età. Un anno fa era stata ipotizzata anche Quota 41, ossia un sistema che prevede solo il criterio contributivo, in pensione con 41 anni di versamenti, senza considerare l’età, ma costerebbe troppo, circa 5 miliardi di euro.

Giuseppe Formisano

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Giuseppe Formisano