La pensione di reversibilità varia in base ai requisiti dei superstiti, ma cosa succede quando uno di questi è solo un ex e non è più sposato?
La Cassazione ha dato la sua risposta sulla pensione di reversibilità agli ex coniugi, e ci sono delle sorprese. Qualcosa cambia e non farà piacere a tutti.

La pensione ai superstiti del pensionato o assicurato deceduto è una prestazione di natura economica e previdenziale e viene suddivisa in:
indiretta” se il decesso dell’assicurato avviene prima del pensionamento;
di reversibilità” se il decesso dell’assicurato avviene dopo il pensionamento. La pensione ai superstiti viene concessa anche se, al momento del decesso, l’uomo o la donna avevano 15 anni di contribuzione oppure 5 anni di contribuzione di cui 3 nell’ultimo quinquennio. La pensione di reversibilità è riconosciuta anche ai familiari superstiti di un lavoratore deceduto iscritto all’INPS. Cosa succede se però il superstite ha divorziato prima della morte dell’ex coniuge?
Pensione di reversibilità agli ex: la Cassazione cambia i criteri di valutazione
La pensione di reversibilità è un trattamento economico a supporto dei superstiti del defunto. L’importo varia in base al grado e legame di parentela:
60% al coniuge superstite;
70% a un figlio unico (se minore, studente o inabile);
80% a due figli (in assenza del coniuge);
100% a tre o più figli (in assenza del coniuge).

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha chiarito quando anche l’ex coniuge divorziato ha diritto a una quota. Secondo l’ordinanza n. 5839/2025, l’ex coniuge divorziato può ricevere una quota della pensione di reversibilità del defunto se sono rispettate due condizioni: è titolare di un assegno divorzile stabilito dal giudice e non si è risposato. In assenza anche solo di uno dei due requisiti la pensione di reversibilità non è possibile.
Quando, invece, l’ex coniuge e il coniuge superstite soddisfano entrambi i requisiti, il giudice stabilisce la suddivisione della pensione che varia a seconda delle situazione e tiene conto di:
Durata del matrimonio con il defunto (criterio principale);
Condizioni economiche di entrambi (redditi, patrimonio, capacità lavorativa);
Entità dell’assegno divorzile;
Assistenza morale e materiale fornita al defunto;
Presenza di figli o altre situazioni familiari particolari;
Eventuale convivenza prematrimoniale.
Il giudice potrà attribuire una quota anche superiore all’importo dell’assegno divorzile, se giustificato dalla situazione economica e familiare e la decisione avrà valore retroattivo.