Arriva lo stop ai divieti sui locali sugli affitti brevi, i Comuni devono cambiare regole: cosa significa la novità per i cittadini
Gli affitti brevi avevano incendiato l’opinione pubblica nei mesi scorsi. La corsa degli italiani all’affitto dei locali di proprietà per turismo breve e stagionale ha aperto un quesito legislativo importante: è un loro diritto o si sta violando la possibilità dei cittadini a ottenere un contratto annuale? L’Italia è una penisola turistica, attiriamo milioni di visitatori tutti gli anni, tutto l’anno, per le nostre coste, il mare cristallino e pulito e la nostra storia invidiabile.

Dal punto di vista degli affitti, il turismo ha tirato su un problema non indifferente: tanti proprietari di casa adesso possono mettere in affitto i loro locali per brevi periodi o weekend, garantendo alloggi per turismo, a discapito dei cittadini che invece cercano casa con contratto annuale per viverci stabilmente. Le piattaforme online come Airbnb hanno fatto spopolare l’affitto breve senza iscrizione d’impresa e molti Comuni hanno scelto di tutelare i residenti vietando questa tipologia di B&B. La sentenza n.2928/2025 adesso costringe al dietrofront. Se affitti casa per pochi giorni senza fare impresa, è un tuo diritto: così il Consiglio di Stato archivia la lunga battaglia tra Comuni e proprietari di immobili.
I giudici hanno chiarito che l’attività di locazione turistica non imprenditoriale non può essere vietata dai Comuni, in quanto diritto del singolo cittadino. L’affitto breve, se fatto senza partita IVA e senza offrire servizi tipici di una struttura ricettiva, non è un’attività commerciale soggetta a regole rigide. La legge fa riferimento al diritto di proprietà e alla libertà contrattuale, in questo senso l’attività non può essere bloccata da ordinanze o regolamenti locali. Si fa esempio appellandosi al caso in provincia di Brescia, a Sirmione. Una proprietaria si era vista bloccare dal Comune la sua attività di locazione turistica. Il Consiglio di Stato ha bocciato il regolamento comunale.
Cosa implica la sentenza del Consiglio di Stato sugli affitti brevi
La nuova sentenza ha ufficialmente riconosciuto che affittare per brevi periodi (senza fare impresa) è un diritto del proprietario e non può essere intesa come attività commerciale. Cosa significa tutto ciò per il singolo? Un vero e proprio dietrofront da parte dei Comuni che non potranno più limitare tali attività: se avete locali di proprietà e vorrete metterli a disposizione come alloggio turistico, potrete farlo.

E a tutela degli altri cittadini? Il Consiglio di Stato specifica che è compito dei Comuni trovare modi più intelligenti per gestire il turismo, che non implichino il divieto dell’affitto breve. Si deve invece puntare su pianificazione urbanistica e incentivi. Come ha spiegato Marco Celani, presidente dell’associazione italiana gestori affitti brevi (Aigab), questa decisione è destinata a fare giurisprudenza in quanto ribadisce il principio fondamentale: l’attività di locazione non imprenditoriale non è materia che può essere regolata dai Comuni.
Con questo non si vuole negare l’impatto del turismo sulle città, ma spiegare che non si può rispondere al problema con divieti arbitrari che ledono i diritti dei proprietari di immobili. Adesso servono regole differenti che affrontino le criticità generate dal turismo selvaggio, ma senza ledere le libertà. Insomma, anche lo Stato deve fare ordine, perché le iniziative locali hanno solo creato confusione e incertezza.