Una novità da parte della Cassazione: la sentenza adesso prevede il licenziamento in caso di pause lavoro troppo lunghe
Siamo italiani: se siamo in ufficio abbiamo bisogno di una pausa caffè chiacchierata. Lavorare in ufficio, infatti, significa anche doverci restare la maggior parte del tempo disponibile della giornata, e le persone con cui si condividono gli spazi diventano parte integrante della propria vita, a volte vedendo nascere anche amicizie.

La pausa caffè viene vista. quindi, proprio come un momento di socialità e convivialità necessari ad affrontare la giornata impegnativa. Qualche risata, un caffè e un momento per parlare della qualunque per staccare da ore di lavoro. Attenzione però: la Cassazione ha specificato con una sentenza che nel caso in cui questa pausa fosse non autorizzata, potrebbe costare cara, anche un licenziamento nei casi più estremi.
Ma cosa significa tutto ciò? La pausa caffè non è un diritto del lavoratore? Quando il datore di lavoro può decidere che una pausa non è autorizzata? Vediamo di fare chiarezza per evitare abusi sul lavoro.
Non è solo una pausa: in gioco c’è l’immagine dell’azienda
Il cuore della sentenza non è la pausa in sé, ma ciò che rappresenta. La Cassazione ha chiarito che il concetto di “patrimonio aziendale” da tutelare non riguarda solo i beni materiali di cui dispone, ma rientrano concetti anche come la reputazione e l’immagine dell’impresa. In altre parole, un comportamento che danneggia l’affidabilità percepita di un’azienda, soprattutto nel caso in cui svolgesse un servizio pubblico, potrebbe giustificare un intervento drastico come il licenziamento.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8707/2025, ha infatti confermato la legittimità del licenziamento di un dipendente che effettuava frequenti e prolungate soste al bar durante l’orario di lavoro. Non si tratta quindi di una singola pausa di rifocillamento, ma di un vero e proprio modo di fare che andava a intaccare la credibilità del team aziendale. Secondo la Cassazione è legittimo anche il controllo tramite agenzia investigativa nel caso in cui il servizio pubblico della mansione prevedesse ore lavorative fuori l’ufficio (ad esempio gli operatori ecologici).
Il controllo ovviamente deve essere giustificato: viene legittimato dalla legge quando si presuppongono condotte lesive nei confronti dell’azienda. Secondo la Corte, infatti, chi lavora fuori dai locali aziendali ha una responsabilità aggiuntiva: la sua condotta è più visibile al pubblico, e quindi può incidere più direttamente sull’immagine dell’impresa. La sentenza ha dichiarato legittimo il licenziamento, ma ha preso in considerazione i richiami già ricevuti: non si è trattato di un caso isolato ma di un contesto diventato critico nel tempo.